Il Jazz, così come ogni forma d’arte vera, rimuove tutte le frontiere etniche, geografiche, religiose e di genere. Il Jazz considera l’individuo esclusivamente sulla base delle sue abilità musicali e di interazione all’interno di un gruppo e perciò dovrebbe essere libero da ogni forma di competizione.

Sono cresciuto in Italia nell’era post 68.

In un tempo di pensieri umanistici, intensa ricerca sull’anima e su altri punti di vista, anche tramite “stati di percezione alterata”. In un tempo in cui la donna cominciava ad acquisire coscienza e la parola “negro” significava solo qualcuno con la pelle scura. Un tempo in cui ci impegnavamo per raggiungere l’uguaglianza di valore per tutti gli esseri umani, occupandoci l’uno dell’altro.
Il cammino era, naturalmente, molto lungo e l’anelata uguaglianza non è ancora stata raggiunta. In alcuni casi si è addirittura peggiorato. Ma io credevo e credo ancora.

Quando ho incontrato il Jazz mi è sembrato di aver trovato ciò che cercavo:

razze? Nessuna importanza. Genere? Nessuna importanza. Età? Nessuna importanza. Religione? Nessuna importanza.
Ho frequentato grandi festivals come Umbria Jazz e seminari come Siena Jazz. Ho incontrato sul palco ed al di fuori di esso musicisti della risma di Curtis Fuller, John La Porta, Massimo Urbani, Larry Nocella, Ira Sullivan, Red Rodney, Giulio Capiozzo, Franco d’Andrea, Rita Marcotulli, Enrico Rava, Dizzy Gillespie e molti altri. Suonavano con me e mi hanno insegnato moltissimo. Erano più vecchi, alcuni molto più vecchi di me. Qualcuno era nero, qualcuno bianco, qualcuno donna, uomo o omosessuale. Nessuna importanza: tutti coloro erano e sono eccellenti musicisti, parte della Storia del Jazz. E davano a me, un giovane hippy che muoveva i primi passi nel Jazz, la sensazione di essere uno di loro.

Il Jazz, così come ogni forma d’arte vera, rimuove tutte le frontiere etniche, geografiche, religiose e di genere.

Il Jazz considera l’individuo esclusivamente sulla base delle sue abilità musicali e di interazione all’interno di un gruppo e perciò dovrebbe essere libero da ogni forma di competizione.

Il Jazz non è uno stile musicale ordinato da leggi assolute, precisamente definito e strettamente regolamentato. Esso è un cammino per intendere la musica basato su interpretazione ed improvvisazione, aperto ad ogni genere di sfida.

È mia intenzione creare un terreno fertile su di cui i talenti delle anime più diverse, con i più disparati substrati musicali e culturali possano crescere insieme verso un più alto orizzonte musicale e spirituale.

Suoniamo insieme!!!

Antonello Marafioti, progetto Anthelonious all'Artenschutztheater a Berlino
Antonello Marafioti, progetto Anthelonious all’Artenschutztheater a Berlino